«Lo sguardo è sugli stimoli per l’economia cinese» dice Alejandro Arevalo, Head of Emerging Market Debt di Jupiter AM. L’esperto ricorda che il 2023 doveva essere l’anno della rinascita per l’economia cinese. Dopo i prolungati lockdown per il Covid e le varie misure restrittive nei confronti del settore privato, l’improvviso cambiamento di politica da parte del governo centrale ha generato un sentiment molto positivo tra gli investitori. Tuttavia, le speranze di una sostanziale ripresa dell’attività economica hanno dovuto fare i conti con dati molto più modesti nella realtà. Gli ultimi trimestri hanno visto dati più o meno deludenti, con una ripresa iniziale trainata dai servizi che ha perso gradualmente il suo naturale slancio.
Quali sono le ragioni di questo andamento?
Sono tre. La prima è l’indebolimento della posizione fiscale delle amministrazioni locali, soprattutto nelle aree meno sviluppate del Paese. Ciò significa una minore potenza dal punto di vista fiscale (ad esempio, la spesa per le infrastrutture). A questa ragione si aggiunge il tema delle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Il “nearshoring” delle industrie manifatturiere e il trend recessivo dei mercati sviluppati hanno portato a una riduzione delle esportazioni dalla Cina. È interessante notare che, per la prima volta in quasi 20 anni, nell’ultimo anno la quota delle importazioni statunitensi provenienti dal Messico è stata maggiore di quella proveniente dalla Cina.
Che cos’altro ha influito?
Lo “Zero-Covid”, unitamente a un giro di vite normativo sulle società immobiliari, internet e dell’istruzione, ha ridotto strutturalmente le aspettative dei cittadini sulla crescita futura dei redditi del settore privato. Questa combinazione di fattori ha contribuito alla debolezza della domanda.
La strada dello stimolo coordinato può essere di aiuto?
In questo contesto, il mercato ha iniziato a considerare più urgente la necessità di uno stimolo coordinato. Durante il Politburo di luglio, le autorità cinesi hanno parzialmente cambiato tono e sono apparse più favorevoli. In questo senso, già a luglio era chiaro che ci si sarebbe potuti aspettare misure di sostegno più ampie.
Il mese di agosto, in particolare, è iniziato con un rinnovato pessimismo da parte degli operatori di mercato, spinto da dati macro e dati sul settore immobiliare più deboli del previsto. Questo ha probabilmente offerto un motivo in più per dare il via alla stagione di incentivi con misure ad ampio spettro. In pochi giorni abbiamo assistito a una riduzione a livello nazionale dei coefficienti minimi di acconto per i mutui, a una diminuzione dei tassi sui mutui e sui depositi, a detrazioni fiscali sul reddito e a riduzioni dei coefficienti di riserva per i depositi in valuta estera a sostegno del renminbi.
Gli interventi sono sufficienti per risolvere gli squilibri strutturali?
Le nuove misure sono accolte positivamente e rappresentano già una sorta di ancora di salvezza per il settore immobiliare e per i segmenti più ciclici dell’economia strettamente legati all’edilizia. Tuttavia, a questo punto è difficile assumere un atteggiamento troppo ottimistico. Dopo alcuni mesi di timida ripresa nella prima parte dell’anno, i prezzi delle case rilevati dalla media delle 70 città hanno ricominciato a scendere su base sequenziale durante l’estate. Le vendite annuali rimangono estremamente scoraggianti e nel complesso non vediamo una forte ripresa del sentiment delle famiglie e quindi della domanda che consentirebbe una ripresa dei prezzi e del volume delle transazioni.
Le misure di stimolo e l’ampio sostegno pubblico potrebbero ancora aiutare i costruttori edili con scadenze nei mercati onshore e offshore a far ripartire le attività per un certo numero di trimestri, ma ciò potrebbe non essere sufficiente a risolvere gli squilibri strutturali che ancora vediamo nell’economia cinese se parliamo di importanza del settore e delle tendenze demografiche. Anche la potenziale esposizione nascosta proveniente dal settore della gestione patrimoniale o da altre aree del sistema bancario ombra rappresenta un rischio fondamentale quando si tratta di valutare le conseguenze economiche a lungo termine.
Quale è la vostra posizione sulla Cina?
In qualità di investitori nel debito societario e sovrano dei mercati emergenti, tuttavia, non riteniamo che il Paese non sia investibile. Le grandi società di consumo/internet ci sembrano ancora di alta qualità dal punto di vista del debito. Nel settore immobiliare, per il momento preferiamo evitare l’esposizione diretta ai costruttori privati, ma di recente siamo riusciti a trovare alcune interessanti opportunità in veicoli di proprietà del governo con un forte sostegno pubblico. Le obbligazioni del settore privato rimangono altamente volatili e soggette a modelli di trading piuttosto irregolari che per il momento richiedono ancora un atteggiamento conservativo.
Nel complesso siamo tranquilli nel mantenere un’esposizione inferiore alla Cina rispetto agli indici del debito dei mercati emergenti standard, ma allo stesso tempo riconosciamo che il mercato delle obbligazioni societarie cinesi sia un universo ampio e diversificato. Molte società hanno modelli di business resilienti e bilanci solidi che dovrebbero sostenere il rimborso del debito.