Immobiliare europeo a caccia di 90 miliardi di finanziamenti

Una “zavorra” da 100 miliardi di euro su tre anni. L’aumento dei tassi di interesse e il calo dei valori immobiliari hanno portato a condizioni di prestito più restrittive sul mercato real estate, con le banche che hanno chiuso i rubinetti e, di conseguenza, una disponibilità ridotta e un costo elevato del debito. In pratica, gli investitori si sono trovati, già da quest’anno, ad affrontare le sfide del rifinanziamento (di solito a cinque anni) del debito originato nel 2018. Ma a quanto ammonta la quota di debito che istituti di credito, investitori, da soli, non sono in grado di rifinanziare? Diverse società stanno facendo i conti. Previsioni su perimetri territoriali diversi e periodi temporali non omogenei. Ma i risultati vanno nella stessa direzione.

I numeri

Secondo l’ultimo aggiornamento di Aew – che ha incrociato database, rivisto il loan to value e l’indice di copertura degli interessi (ICR), ma anche ipotizzato che il 50% dei debiti a scadenza venga effettivamente rifinanziato – la quota da rifinanziare (magari prorogata da uno a tre anni), e che quindi va aggiungersi al debito 2024-2026, dovrebbe essere di circa 90 miliardi di euro.

«Abbiamo aggiornato le precedenti analisi sul debt funding gap – ha spiegato, di passaggio a Milano, Hans Vrensen, head of Research & Strategy, Europe di Aew – rivedendo il loan to value dal 50 al 55% e l’indice di copertura degli interessi (ICR). Il perimetro include tutti i 20 paesi europei e tutte le asset class (office, retail, logistica, hotel, residenziale e senior living). Gli uffici rappresentano oltre il 45% del nostro debt funding gap da 90,3 miliardi di euro, seguiti dal comparto residenziale con il 23% e dal retail con il 20 per cento. Alberghi, logistica e senior housing costituiscono il restante 11% del debito non rifinanziato. La predominanza degli uffici non è stata una sorpresa, a causa dei maggiori volumi complessivi dei deal che li riguardano e al maggiore incremento di rendimento del settore direzionale rispetto ad altri. Secondo, per volume, è il residenziale (21 miliardi di debito), principalmente a causa degli elevati volumi di transazioni e dei bassi rendimenti delle acquisizioni». Il debito non rifinanziato più consistente è in Germania (che “cuba” il 38% dei 90 miliardi paneuropei), seguito da Francia al 14%, dai paesi nordici al 14% e dal Regno Unito al 12 per cento. Il debito italiano – mercato di dimensioni più ridoptte rispetto a quello dei nostri maggiori partners europei – è pari al 2%, circa 1,8 miliardi, secondo Aew.

«Il finanziamento tramite obbligazioni garantite a basso costo delle banche tedesche – ha detto Vrensen – ha consentito il mantenimento dell’effetto positivo della leva finanziaria anche quando i rendimenti immobiliari hanno raggiunto i minimi storici. L’ampliamento dei rendimenti da questi bassi livelli ha danneggiato i loan to value più che altrove. Gli investitori nordici, in particolare i REIT svedesi, hanno avuto un indebitamento eccessivo e la riduzioni dei prezzi delle azioni hanno spinto i valori del capitale più in basso del previsto. Mentre le banche dell’Europa meridionale hanno impiegato più tempo per svalutare e vendere i portafogli Npl. Ciò ha impedito loro di rientrare, in termini di dimensioni rilevanti, nel mercato dei prestiti immobiliari».

Il recupero di valore

Diversa la valutazione degli analisti di Cbre, su un differente triennio secondo i quali, del debito immobiliare commerciale privato originato in Europa e in scadenza tra il 2024 e il 2027 (pari a 640 miliardi), più di un quarto (circa 176 miliardi) potrebbe non essere rifinanziato. L’anno in cui il debito sarà più pesante, se tassi e condizioni resteranno quelle di oggi, sarà il 2026. Il settore più penalizzato, l’office e il Paese, la Germania. Tuttavia, lo scenario non è immobile.

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