Cambiamento climatico e nuove abitudini in casa: il fabbisogno energetico degli ultimi 30 anni

Il cambiamento climatico e le nuove abitudini in casa hanno conseguenze rilevanti sul fabbisogno energetico di riscaldamento e raffreddamento.

Secondo i dati dell’Eurostat, nei 30 anni che decorrono dal 1992 al 2022 i gradi giorno di riscaldamento (HDD) in Europa si sono ridotti dell’11%, passando da 3.209 a 2.858 all’anno. A contribuire al dato, da una parte il rialzo delle temperature globali, dall’altra la maggiore efficienza energetica delle case, ristrutturate secondo criteri che ne aumentano l’isolamento e ne riducono il fabbisogno energetico per il comfort tra le mura domestiche.

Ricordiamo che per gradi-giorno si intende il fabbisogno energetico che serve a riscaldare un edificio per una stagione. I valori dipendono dal Comune e dalla sue condizioni climatiche.

Il fabbisogno di riscaldamento in Italia

Se in Europa il Paese che ha registrato la variazione minore negli ultimi 30 anni di gradi riscaldamento è la Finlandia (-6%), con un valore medio annuo di 5.656 gradi-giorno, in Italia la variazione è molto più importante e vede nel Piemonte la regione che ha maggiormente risentito delle mutate condizioni climatiche: -19,4% e 2.312 gradi riscaldamento rilevati come media annua.

Nelle regioni dove il fabbisogno di riscaldamento è più elevato, come Trento (3.114 gradi riscaldamento) e Bolzano (3.114), la riduzione di fabbisogno è stata del 4% e del 10,7%.

Anche la Lombardia ha fatto rilevare un calo consistente (-16,6% per 2.312 gradi riscaldamento), seguita dall’Emilia Romagna (-13,7% e 1.904 gradi riscaldamento) e dal Veneto (-11,6% e 2.203 gradi riscaldamento).

C’è un ulteriore fattore che contribuisce alla riduzione dei gradi riscaldamento rilevati nel tempo, ed è l’intervento sugli edifici incentivato negli ultimi anni, con i bonus che hanno consentito di ristrutturare gli immobili e il Superbonus che ne ha permesso l’isolamento termico praticamente a costo zero. Il nostro patrimonio immobiliare continua tuttavia a rimanere vecchio, mentre le ristrutturazioni hanno riguardato all’incirca solo l’1% annuo degli edifici.

Il bisogno di raffrescamento

A contrastare la riduzione dell’esigenza di riscaldamento, c’è il bisogno di un maggiore raffrescamento delle case, che deriva anche questa volta dalle mutate condizioni climatiche e dall’aumento evidente delle temperature medie rilevate. Questa nuova condizione ha portato a un aumento del consumo di gradi-giorno raffreddamento (CDD), alimentato anche da un nuovo modo di concepire il comfort in casa: basti pensare all’utilizzo del climatizzatore e agli impianti di condizionamento, che un tempo erano installati di rado nelle case, ma che negli anni sono diventati beni indispensabili.

Il record di variazione del bisogno di raffreddamento è detenuto nel nostro Paese dalla città di Roma, dove si è rilevato un incremento dei valori del 205%, mentre a Milano la variazione lungo sempre i 30 anni dal 1992 al 2022 è stata di +153%.

Cosa fa l’Italia per contrastare l’effetto del cambiamento climatico

Le risorse messe a disposizione per far fronte alle conseguenza del cambiamento climatico e sostenere la transizione energetica non sono molte. Il programma React-Eu 2014-2020 prevedeva lo stanziamento di diversi miliardi, che invece sono stati utilizzati durante la crisi energetica dell’anno scorso per finanziare il bonus energia, lo sconto offerto in bolletta ad alcune categorie sociali più bisognose: un intervento importante per sostenere le famiglie in crisi per i prezzi dell’energia schizzati alle stelle, ma che la stessa Commissione europea ha definito non strutturale, ma esclusivamente emergenziale.

La Direttiva europea sulle case efficienti

In questo contesto di mutamento climatico e di fabbisogno di raffreddamento e riscaldamento, si inserisce una scadenza importante che il nostro Paese rischia di mancare, quella stabilita dalla Direttiva EPBD sulle case green.

Il testo del provvedimento approvato dalla Commissione Industria del Parlamento Europeo, ma che aspetta un’approvazione in via definitiva del testo finale, definisce tre appuntamenti da qui al 2050:

  • tutti gli edifici residenziali in classe energetica E entro il 2030;
  • tutti gli edifici in classe energetica almeno D entro il 2033;
  • la totalità degli immobili a emissioni zero entro il 2050.

Fanno eccezione gli immobili con metratura sotto i 50 metri quadri, le seconde case e gli edifici di interesse storico-culturale. Edifici pubblici e privati non residenziali dovranno diventare energeticamente efficienti ancora prima, entro il 2030.

Tuttavia, i costi di ristrutturazione ed efficientamento energetico e la mancanza di manodopera e materie prime rischiano di far saltare l’obiettivo, ed è per questo che il Governo presenterà all’Unione europea un piano che tenga conto della situazione italiana e chieda maggiore flessibilità per il nostro patrimonio immobiliare, molto obsoleto e fuori dagli standard di efficienza almeno nell’80% dei casi.

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