Il Parlamento Europeo lo scorso 12 marzo 2024 ha approvato in via definitiva la direttiva case green con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 a effetto serra e il consumo energetico entro il 2030, in vista del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.
Sono trascorsi 12 mesi da quando è iniziato l’iter per arrivare all’approvazione finale del provvedimento. Nel corso di questo periodo sono state apportate modifiche al testo cercando di andare incontro alle esigenze dei vari stati membri. Rispetto al testo originario, la Direttiva finale è molto più elastica e meno stringente sui tempi di adeguamento per l’edilizia. Non sono mancati comunque malumori all’interno della compagine governativa italiana.
Vediamo di seguito tutti i dettagli.
I principali punti della direttiva UE sulle case green
Il Parlamento Europeo in seduta plenaria ha votato in via definitiva il testo della Direttiva case green il 12 marzo 2024. La “direttiva case green” EPBD stabilisce le linee guida che ogni Paese membro dovrà seguire per definire le misure necessarie a raggiungere gli obiettivi climatici UE 2050 nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione.
Le novità salienti della direttiva possono essere così riassunte:
Gli Stati membri hanno il compito di definire requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici
Ossia, tutti i nuovi edifici devono essere almeno a energia quasi zero (e dal 2028 a emissioni zero). Inoltre è necessario fissare i requisiti minimi di tutti gli edifici che subiscono una ristrutturazione significativa. Il testo originario prevedeva, invece, che entro il 2030, l’obiettivo era raggiungere la classe energetica E per gli edifici residenziali, mentre entro il 2033 bisognava migliorare ulteriormente arrivando alla classe energetica D;
Arriva il passaporto di ristrutturazione per gli Stati membri dell’Unione Europea
Deve essere redatto in formato digitale da un esperto qualificato o certificato, sarà lo Stato membro a decidere se sarà obbligatorio o no. Contiene una tabella di marcia completa per la ristrutturazione, indicando le fasi e i benefici attesi in termini di risparmio energetico, riduzione delle spese e delle emissioni di gas serra nel corso del ciclo di vita dell’edificio. Sarà disponibile un sistema digitale per la preparazione e l’aggiornamento dei passaporti di ristrutturazione. Gli Stati membri potranno sviluppare strumenti complementari per la simulazione e l’aggiornamento semplificato dei passaporti;
Ok al nuovo Attestato di Prestazione Energetica (APE)
Attualmente, l’APE è un documento obbligatorio in determinati casi e deve essere allegato ai contratti di compravendita e locazione, con una validità massima di 10 anni. Il nuovo certificato deve includere le prestazioni energetiche dell’edificio in kWh/(m2.a), la classe di prestazione energetica da A a G e le raccomandazioni per il miglioramento delle prestazioni energetiche, se necessario. Deve essere emesso in formato digitale per gli edifici nuovi o ristrutturati e per gli edifici pubblici esistenti;
La versione iniziale della EPBD prevedeva il divieto di fornire agevolazioni per gli apparecchi alimentati a combustibili fossili
Questo sia per i nuovi edifici che per le ristrutturazioni. Questo divieto sarebbe entrato in vigore progressivamente dal 2025, impedendo l’uso di combustibili fossili. Tuttavia, la data per il divieto completo è stata spostata in avanti al 2040, mentre il bando totale era in precedenza fissato al 2035. Nonostante ciò, sarà ancora possibile incentivare i sistemi di riscaldamento ibridi, come quelli che combinano caldaie e pompe di calore;
Tutti i nuovi edifici, sia residenziali che non residenziali, dovranno avere zero emissioni “in loco” di combustibili fossili
L’obbligo scatterà a partire dal 1° gennaio 2028 per gli edifici di proprietà pubblica e dal 1° gennaio 2030 per tutti gli altri nuovi edifici. Inizialmente, l’obbligo sarebbe entrato in vigore per i nuovi edifici pubblici a partire da gennaio 2026, mentre per gli altri casi la scadenza era fissata per il 2028;
Gli edifici che potranno essere esentati dagli obblighi includono quelli soggetti a vincoli specifici o vincoli di area, gli edifici religiosi, quelli temporanei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili militari e quelli inferiori ai 50 metri quadri. Rispetto al testo iniziale quindi, le esenzioni sono aumentate.
Case green: cosa cambia per l’Italia
La Direttiva case green UE prevede per l’Italia quello che mette in conto per gli altri Paesi, ossia l’obbligo di rispettare le scadenze per raggiungere la neutralità climatica nel 2050.
Il problema è che l’Italia si ritrova a dover fare i conti con un patrimonio immobiliare vecchio e poco “green”, con circa 1,8 milioni di edifici residenziali in classi energetiche basse (D o G) sul totale di 12 milioni, secondo l’ultimo report 2023 dell’ISTAT.
Ma per fortuna resta valido quanto siglato nel compromesso sui target della direttiva EPDB (Energy Performance of Buildings Directive). Il nostro Paese cioè, potrà richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea. Queste deroghe, consentiranno una revisione degli standard minimi da raggiungere anche all’Italia. Le deroghe potrebbero essere applicate fino al 22% degli immobili, inclusi circa 2,6 milioni di fabbricati residenziali in Italia, e non andranno oltre il 1° gennaio 2037.
Case green: la tabella di marcia
La direttiva stabilisce il seguente cronoprogramma per garantire il rispetto degli obiettivi sulla neutralità climatica:
- Entro il 1° gennaio 2028. Tutti gli edifici nuovi di proprietà di Enti pubblici o a gestione pubblica dovranno essere a zero emissioni;
- Entro il 1° gennaio 2030. Tutti i nuovi edifici (anche non pubblici) dovranno essere a zero emissioni;
- Entro il 1° gennaio 2030. Gli Stati membri hanno il compito di definire requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici;
- A partire dal 1° gennaio 2030 la direttiva impone l’installazione obbligatoria di pannelli solari su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali. Questa disposizione deve essere applicata ai grandi edifici, con una superficie coperta utile superiore a 250 metri quadrati, entro la fine del 2026. Entro il 2030, l’obbligo sarà esteso a tutti gli edifici pubblici e non residenziali.
Gli obiettivi intermedi
Questo approccio mira a garantire una certa flessibilità, soprattutto per gli edifici già esistenti, dove l’intervento diretto potrebbe risultare più complesso. Nello specifico, la direttiva prevede step intermedi chiari, allo scopo di ridurre il consumo medio di energia, con una distinzione tra edifici residenziali e non residenziali:
- Riduzione del 16% per gli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e del 26% entro il 2033, promuovendo un miglioramento graduale attraverso l’implementazione di standard minimi di prestazione;
- Diminuzione del 20-22% nel settore edilizio residenziale entro il 2035, con il 55% di questa riduzione che deve derivare dalla ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori.
La flessibilità di attuazione è stata attentamente integrata per affrontare le sfide specifiche che potrebbero sorgere nell’adattamento del patrimonio edilizio esistente a queste nuove norme ambiziose, consentendo una transizione graduale e sostenibile verso un settore edilizio più efficiente dal punto di vista energetico. La scelta di opzioni più flessibili e gradualmente adattabili rappresenta una risposta alle esigenze del mercato e alle realtà pratiche, che hanno portato al superamento degli obiettivi iniziali che prevedevano il raggiungimento della classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Questa revisione strategica riflette una consapevolezza dell’importanza di adottare un approccio più pragmatico e realistico per garantire che gli Stati membri possano adeguarsi in modo efficace e sostenibile alle nuove disposizioni.
Gli interventi sugli edifici
La novità più importante del testo riguarda le ristrutturazioni. Nella versione iniziale della direttiva era previsto come “diktat” il raggiungimento della classe energetica E entro il 2030 e classe D entro il 2033. Il target di riqualificazione indicato per gli edifici residenziali era l’elemento più caratterizzante della proposta di revisione della direttiva europea sulle performance energetiche degli edifici (Epbd) approvata un anno fa dal Parlamento.
Oggi, nella versione definitiva, ogni stato membro dovrà adottare un piano nazionale che preveda la riduzione progressiva del consumo di energia degli edifici residenziali: l’obiettivo è un taglio del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Entro il 2050 tutto il settore residenziale dovrà essere a zero emissioni. I paesi potranno decidere su quali edifici concentrarsi. L’unico vincolo sarà garantire che almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni, ovvero quelli più energivori.
Addio agli impianti a combustibili fossili: incentivi per pannelli solari
La recente Direttiva UE Casa Green ha confermato la fine degli impianti di riscaldamento a combustibili fossili per le case. Una delle decisioni chiave è stata, infatti, la proroga al 2040 della scadenza per la cessazione degli impianti di riscaldamento a combustibili fossili nelle abitazioni, inizialmente prevista per il 2035. Questo slittamento ha concesso un breve respiro agli Stati Membri nella definizione e attuazione di piani nazionali di ristrutturazione che ne prevedono la graduale eliminazione. Inoltre, la direttiva introduce ulteriori incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento ibridi, che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore, e non premetterà più alle caldaie a gas, a partire dal 2025, di beneficiare di sovvenzioni statali.
La portata della direttiva interviene a più ampio raggio. È stata infatti introdotta una nuova normativa sull’obbligo di installazione di pannelli solari sugli edifici, con l’esclusione di quelli residenziali. Questa disposizione mira a promuovere l’adozione di fonti energetiche rinnovabili nei nuovi edifici, negli edifici pubblici e in quelli non residenziali sottoposti a ristrutturazioni che richiedono uno specifico permesso. Tuttavia, gli edifici agricoli e quelli storici godranno di esenzioni, che gli Stati Membri avranno la facoltà di escludere o meno. Le nuove disposizione non solo ridefiniscono i termini delle transizioni energetiche negli edifici, ma offrono anche flessibilità e considerazione delle specificità locali, contribuendo a modellare una visione della sostenibilità ed energetica nel settore edilizio europeo.
Immobili esenti dalle regole della direttiva sulle case green
La direttiva ha sempre previsto che, per alcune categorie di edifici, fosse possibile disapplicare i vincoli. Queste esenzioni sono aumentate nei mesi. Tra i pochi emendamenti votati alla proposta del 2023 c’era proprio un rafforzamento delle deroghe per gli immobili vincolati.
Ad oggi secondo le regole della nuova direttiva ogni Paese può esentare fino al 22% del totale degli immobili dalle in funzione della fattibilità economica e tecnica delle ristrutturazioni e della disponibilità di manodopera qualificata. Dagli interventi sono esclusi:
- I monumenti;
- Le case di vacanza, ovvero quelle abitate meno di 4 mesi l’anno;
- I palazzi storici protetti;
- Le chiese e altri edifici di culto;
- Le abitazioni indipendenti con una superficie inferiore a 50 metri quadrati.
Non sono soggetti all’obbligo di riqualificazione circa 4 milioni di edifici in Italia.
Inoltre, nel corso dell’ultimo compromesso pre voto sul testo, il campo delle possibili deroghe si è ampliato. Oltre alle categorie escluse nella versione precedente, come gli edifici di particolare valore storico e architettonico, i luoghi di culto, gli edifici temporanei e le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, possono essere esclusi anche gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri.
Gli Stati membri potranno poi estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Infatti, i Paesi membri hanno anche la facoltà di richiedere alla Commissione europea di adattare gli obiettivi europei per specifiche categorie di edifici residenziali motivando tale richiesta con ragioni di fattibilità tecnica ed economica. Grazie a questa clausola, è possibile concedere deroghe fino al 22% del totale degli immobili.
Deroghe per alcune categorie di immobili
Gli Stati membri possono poi prevedere delle deroghe per le seguenti categorie:
- Edifici adibiti a luogo di culto e svolgimento di attività religiose;
- Fabbricati temporanei con utilizzo non superiore a 2 anni;
- Siti industriali, officine, depositi, edifici di servizio non residenziali a bassissimo fabbisogno energetico e di riscaldamento o raffrescamento;
- Stazioni di approvvigionamento infrastrutturale;
- Edifici agricoli non residenziali utilizzati in settori disciplinato da accordi nazionali di settore sulla prestazione energetica;
- Edifici residenziali utilizzati meno di 4 mesi l’anno oppure con un consumo energetico inferiore al 25% di quello presunto annuo;
- Fabbricati indipendenti con superficie calpestabile totale entro i 50 metri quadri.
Direttiva UE e nuovi bonus
La direttiva case green prevede anche che i piani nazionali di ristrutturazione contemplino regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti, quindi nuovi bonus. Gli Stati membri dovranno in particolare allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi.
I regimi finanziari dovranno prevedere inoltre un premio cospicuo per le cosiddette “ristrutturazioni profonde”, specie nel caso degli edifici con le prestazioni peggiori. Non mancheranno infine anche sovvenzioni e sussidi mirati destinati alle famiglie vulnerabili.
Sanzioni
La direttiva attualmente non prevede sanzioni in caso di mancata ristrutturazione degli immobili secondo le sue previsioni. I singoli governi nazionali hanno, tuttavia, la possibilità di prevedere delle sanzioni.
Case green: il malcontento del Governo italiano
La Direttiva EPBD sembra non soddisfare il Governo. I partiti di maggioranza del Parlamento italiano, infatti, hanno espresso voto contrario al provvedimento. Il problema è che, anche se migliorata, la deadline green sembra complessa da applicare nel nostro Paese.
A fine 2023 il Ministero dell’Ambiente, per superare l’impasse, ha aggiornato il PNIEC, Piano Nazionale Integrato Energia e Clima nazionale che indica la strada che dovrebbe permettere all’Italia, entro il 2030 di raggiungere quasi tutti i target comunitari su ambiente e clima, superando in alcuni casi gli obiettivi prefissi.
Effetti della Direttiva sui proprietari di immobili
La Direttiva UE sulle case green, mirata a migliorare l’efficienza energetica degli edifici, avrà significative conseguenze sui proprietari di casa in tutta Europa, con particolare impatto in paesi come l’Italia.
1. Miglioramenti obbligatori nell’efficienza energetica
La direttiva impone che il 15% degli edifici residenziali peggiori in termini di efficienza energetica di ciascun paese dell’UE debba essere migliorato entro il 2030 e ancora entro il 2033. Questo implica che molti proprietari di immobili dovranno investire in ristrutturazioni per migliorare l’isolamento e l’efficienza energetica delle loro abitazioni.
2. Preoccupazioni per i costi di compliance
In Italia, ad esempio, c’è una preoccupazione significativa per i costi di adeguamento, soprattutto perché il paese ha un parco abitativo più vecchio e meno efficiente dal punto di vista energetico rispetto ad altri paesi europei. Questo lascia i proprietari italiani particolarmente esposti alle spese di ristrutturazione.
3. Impatto economico significativo
Secondo le stime di ANCE, l’associazione nazionale costruttori edili in Italia, per soddisfare gli obiettivi della direttiva sui green building, sarà necessario aggiornare circa 1.8 milioni di edifici residenziali nei prossimi 10 anni, a un costo stimato di 400 miliardi di euro. Anche gli immobili commerciali richiederanno investimenti significativi.
4. Aiuti finanziari limitati
Nonostante il precedente governo italiano abbia concordato con l’UE l’utilizzo di 15.3 miliardi di euro del fondo di recupero post-COVID per migliorare l’efficienza energetica degli edifici, questa somma rappresenta solo una frazione di ciò che è necessario. Il nuovo governo ha ridotto alcuni incentivi fiscali come il “superbonus“, limitando ulteriormente l’accesso ai finanziamenti.
5. Potenziali benefici a lungo termine
Nonostante i costi iniziali elevati, ci sono vantaggi a lungo termine associati al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, come la riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra. Ad esempio, isolare adeguatamente i tetti e le pareti degli edifici meno efficienti in Italia potrebbe ridurre del 49% il consumo di gas del paese.
La Direttiva UE sulle case green si propone di affrontare la sfida del cambiamento climatico attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, ma impone anche importanti oneri economici ai proprietari di casa, soprattutto in paesi con un patrimonio immobiliare più datato. Mentre il lungo termine promette benefici in termini di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni, i costi immediati e l’accesso limitato ai finanziamenti rimangono una sfida significativa per molti proprietari.
Conclusioni
L’Ue ha calcolato che quasi il 60% delle abitazioni europee richiede interventi di ristrutturazione entro il 2050. Mentre solo un quarto degli edifici già soddisfa i requisiti imposti dal nuovo regolamento, in particolare quelli recentemente costruiti. Ad esempio, secondo l’Enea, il 95% delle case costruite nel 2022 appartiene alla classe A in termini di efficienza energetica. Va detto, però che l’ultima versione della direttiva ha posto come criterio le medie di consumo degli edifici e non più la classe di efficienza dei singoli edifici.
Nel testo definitivo del provvedimento europeo sono stati infatti smussati alcuni angoli non solo in termini di regole a cui adempiere entro il 2050 ma anche in termini di tempistiche. Lo scadenziario fissato consta di vari traguardi che vengono dilazionati nei prossimi 30 anni (il cui anno zero di partenza è stato fissato al 2020).
I diktat marchiati UE continuano comunque a non piacere alla compagine governativa italiana, a causa anche del fatto che il nostro Paes si ritroverà nei prossimi anni a dover compiere importanti opere di ristrutturazione e riqualificazione energetica, a fronte di un patrimonio immobiliare ancora troppo datato e poco in linea con gli obiettivi delle “zero emissioni di Co2“.
Domande frequenti
Cos’è la Direttiva UE sulle case green?
È una direttiva dell’UE finalizzata a migliorare gli standard energetici degli edifici, con l’obiettivo di ridurre il consumo energetico e le emissioni di CO2.
Quando verranno applicati i nuovi standard?
Dal 2030, tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblici, lo standard si applicherà dal 2028.
Tutti gli edifici dovranno essere a emissioni zero?
Sì, l’obiettivo è che entro il 2050 tutto il patrimonio edilizio esistente sia a emissioni zero.
Ci sono eccezioni alla direttiva?
Sì, la direttiva prevede esenzioni per edifici storici, agricoli, militari e per quelli utilizzati solo temporaneamente.
Come influenzerà questo i proprietari di case?
I proprietari di immobili dovranno adeguarsi agli standard energetici richiesti, il che potrebbe richiedere ristrutturazioni o miglioramenti energetici.